Mons. Gallagher: le religioni siano artefici di dialogo, libertà e diritti
Giugno 13th, 2015 by Luigi De SalviaIl «ministro degli Esteri» della Santa Sede parla del ruolo delle fedi e della Chiesa nelle società odierne. La sfida di dare vita a società inclusive
Il multipolarismo, l’impegno dei governi in difesa della libertà religiosa, la promozione dei diritti umani da parte delle grandi religioni, il rapporto fra democrazia e libertà di professare la propria fede. È attraverso questi impegnativi elementi di riflessione che si è sviluppato l’intervento pronunciato da monsignor Gallagher al Consiglio d’Europa nel corso di un seminario tenutosi lunedì pomeriggio sul tema: «Costruire insieme società inclusive: contributi verso l’incontro di Sarajevo sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale». L’incontro era presieduto da Grabriella Battaini-Dragoni, segretario generale aggiunto del Consiglio d’Europa, e vi hanno preso parte da monsignor Paul Gallagher, segretario per le Relazioni con gli Stati della Santa Sede, e Henier Bielfelt, responsabile per le Nazioni Unite sulla libertà religiosa. Era presente anche il rappresentante della Santa Sede al Consiglio d’Europa, monsignor Paul Rudelli. L’intervento di monsignor Gallagher aveva quale riferimento e punto di partenza, come lui stesso ha osservato, la visita al Consiglio d’Europa di papa Francesco dello scorso novembre.
Il multipolarismo è stato il primo punto toccato dall’Arcivescovo che ha ricordato come l’attuale contesto internazionale sia caratterizzato dalla presenza di numerosi e diversi attori: gli stati nazionali, le loro società, gli organismi internazionali, le comunità religiose e via dicendo. Soggetti diversi che spesso possono trovarsi in contrasto tra loro. Tuttavia, ha aggiunto: «Questo contesto relativamente nuovo nella storia dell’umanità significa che tutti gli attori – e in misura molto maggiore rispetto al passato – devono porsi in relazione con gli altri in quello che può essere descritto come un approccio trasversale. Da qualche tempo gli Stati non solo sono impegnati nel dialogo fra di loro, ma anche con le istituzioni internazionali, con le organizzazioni della società civile, e con le confessioni religiose. A loro volta, le organizzazioni religiose contribuiscono a un continuo scambio con la società in cui vivono, con le altre religioni, e le autorità civili». Dunque il dialogo è elemento decisivo della convivenza nell’epoca contemporanea.
È stato il Concilio Vaticano II, ha spiegato Gallagher, a indicare in quale modo la Chiesa poteva avere relazioni con le altre religioni e, più in generale, con l’attuale società e le sue molteplici culture. Il rinnovamento prodotto dal Concilio è stato reso possibile anche da una riflessione teologica: «Il risultato è stato una nuova comprensione del rapporto della Chiesa con il mondo, uno stress sano che ancora oggi sperimentiamo».
Nella stagione del multipolarismo si registrano comunque molti segnali positivi nel dialogo fra fedi e culture, ha spiegato Gallagher. «Penso, per esempio – ha detto – alla promozione della pace e al rifiuto di ogni forma di violenza in nome di Dio o della religione». La strada da percorrere è lunga e richiede determinazione da parte di tutti gli uomini e donne appartenenti a diverse religioni perché dobbiamo confrontarci con «i segnali preoccupanti di un percorso opposto» vale a dire con l’esasperazione delle identità che porta a forme di «estremismo e violenza». Allo stesso modo le società e i governi, fortemente secolarizzati, spesso si trovano in difficoltà nel comprendere «le caratteristiche specifiche della dimensione religiosa».
Il rappresentante della Santa Sede ha poi toccato il tema dei diritti umani facendo riferimento alla «Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino» del 1789, nella quale si affermano l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, la libertà di pensiero e di religione. Tuttavia, ha spiegato Gallagher, nell’odierno contesto la cultura dei diritti è in continua evoluzione e affronta nuove sfide, come quelle relative alla concezione della famiglia, alla difesa della vita umana, al problema dell’immigrazione. Accade così che spesso le corti di giustizia europea siano chiamate a esprimersi su temi non semplici che riguardano da vicino i diritti umani. Sullo stesso piano le religioni devono dare il loro contributo alla cultura comune «in dialogo con le filosofie dell’uomo che tendono a escludere ogni riferimento alla trascendenza». L’apporto della Chiesa a una cultura dei diritti umani, ha osservato l’Arcivescovo, è rilevante e parte dal principio della fraternità e dell’uguaglianza fra tutti gli esseri umani, quindi del riconoscimento del valore dei poveri, degli emarginati, della dignità umana. Ancora, ha affermato Gallagher citando il discorso di Ratzinger a Ratisbona nel 2006, è indispensabile il giusto rapporto fra ragione e fede, è infatti a partire da questo nesso che si può sconfiggere ogni forma di fanatismo e fondamentalismo mentre nessuna cultura può dire di avere il «monopolio» dei diritti umani. La sfida è dunque quella di costruire società inclusive, plurali, all’interno delle quali trovi spazio anche la dimensione religiosa dell’individuo.
Gallagher ha quindi toccato il tema del rapporto fra democrazia e libertà religiosa, osservando come le religioni contribuiscano all’educazione delle coscienze e siano spesso protagoniste della società civile. «La libertà religiosa – ha affermato – è come un barometro che indica con precisione il vero livello di libertà all’interno di una società. Sistemi dispotici in ogni epoca hanno sempre mirato ad avere il consenso delle Chiese e a controllarle»; non ci sono regimi dispotici, ha osservato il ministro degli esteri vaticano, che siano favorevoli a un’autentica libertà religiosa, allo stesso tempo «le restrizioni della libertà religiosa conducono a un indebolimento della fibra democratica della società».
La promozione della libertà religiosa, inoltre, è uno strumento essenziale per sconfiggere la radicalizzazione a la violenza estremista. È necessario in tal senso riconoscere la presenza delle comunità e confessioni diverse dalla nostra in uno stesso territorio e la loro collaborazione alla costruzione della nostra società. Ancora è importante ammettere «che non ci potrà mai essere una identificazione assoluta tra etnia o popolo da un lato e appartenenza religiosa, dall’altro».
Infine l’Arcivescovo ha ricordato come gli Stati e i governi devono impegnarsi nella promozione della libertà religiosa. Quest’ultima non è qualcosa di estrinseco, ma è invece uno dei diritti fondamentali dell’uomo che sono intrecciati l’uno con l’altro e vanno considerati nel loro insieme, sono collegati l’uno con l’altro. Assistiamo oggi, ha detto Gallagher, a tentativi di limitare la libertà religiosa nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni, nelle strutture sanitarie. D’altro canto anche di recente sono emerse tensioni fra diritto al rispetto delle proprie convinzioni religiose e libertà d’espressione, in alcuni casi è compito dei governi e degli Stati trovare il giusto equilibrio. «Tuttavia, l’idea che i diritti fondamentali possano essere in conflitto diretto l’uno con l’altro è errata. Se i diritti umani individuali sono l’espressione della dignità della persona umana, di conseguenza non possono essere in contrapposizione gli uni con gli altri». «Prendendo in prestito le parole del motto della Repubblica francese, la libertà e l’uguaglianza – égalité et liberté – non possono essere efficacemente promosse senza accettare la sfida della fraternità – fraternité».
In questo stesso contesto l’Arcivescovo ha spiegato l’impegno della Santa Sede nella promozione della libertà religiosa anche attraverso il dialogo con le altre fedi, ha ricordato il tema delle persecuzioni dei cristiani, ma ha anche fatto riferimento ai tanti conflitti che hanno segnato la storia d’Europa fino alla guerra nell’ex-Jugoslavia. In questo senso l’auspicio conclusivo è che le religioni lavorino per la riconciliazione.