Medio Oriente: «I richiami alla pace del Vaticano possono avere un impatto positivo» Intervista di Lisa Palmieri Billig all’ambasciatore Zion Evrony
Luglio 21st, 2014 by Luigi De SalviaIntervista con Zion Evrony, Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede: «La speranza per la pacificazione sussiste ancora nonostante i difficili tempi attuali»
L’Ambasciatore Zion Evrony è cresciuto in Israele, e parla Ebraico, Italiano ed Inglese. Prima di venire in Italia è stato Ambasciatore di Israele in Irlanda e Console Generale a Houston, Texas. E’ stato inoltre Direttore per la Pianificazione Politica del Ministero degli Esteri a Gerusalemme. Ha pubblicato articoli per l’”International Herald Tribune”, il quotidiano israeliano “Haaretz” ed altre testate. Ha accettato di rispondere in questo momento cruciale ad alcune domande riguardanti i punti chiave dell’attuale crisi tra Israele ed Hamas.
Ambasciatore Evrony, qual è lo scopo delle operazioni di terra israeliane?
Le direttive per le operazioni di terra sono state approvate dal Gabinetto di sicurezza israeliano dopo che abbiamo accettato la proposta egiziana per un cessate il fuoco mentre Hamas lo ha rifiutato, continuando a lanciare missili verso le città israeliane. Non solo: Hamas non ha onorato il cessate il fuoco umanitario messo in atto dalle Nazioni Unite, continuando a sparare verso le citta israeliane durante il periodo di calma. Alla luce delle aggressioni senza sosta di Hamas, oltre che dei pericolosi tentativi di infiltrarsi all’interno del territorio israeliano, Israele ha deciso di agire per proteggere i propri cittadini. Lo scopo principale dell’operazione “Margine Protettivo” è quello di riportare la calma e la stabilità per i cittadini di Israele una volta per tutte. Israele non può accettare una realtà in cui milioni dei suoi cittadini sono soggetti ai capricci di organizzazioni terroristiche estremiste islamiche, in una condizione di immediato pericolo e con non più di 15 secondi di tempo per trovare riparo da missili in arrivo.
La preghiera per la pace tenuta da Papa Francesco al Vaticano è stata fonte di grandi speranze. Papa Francesco ha detto da allora che nonostante la situazione corrente, le preghiere “non sono state inutili”. Cosa rimane oggi delle speranze nate da quella preghiera comune?
La preghiera comune al Vaticano è stato un evento unico spirituale, non politico. Il Papa è un uomo di pace e apprezziamo le sue preghiere e i suoi richiami alla pace. La speranza per la pace sussiste ancora nonostante i difficili tempi attuali. Israele è impaziente di ottenere la pace ed è pronto ai compromessi necessari per raggiungerla.
Dal punto di vista di Israele, quali sono stati gli eventi o gli elementi che hanno causato questo drammatico deterioramento?
La fase più recente di attacchi missilistici da Gaza verso Israele è cominciata il 12 giugno, la stessa data in cui tre ragazzi israeliani sono stati rapiti e assassinati da membri di Hamas. Nei giorni che seguirono, i lanci si sono intensificati parecchio, raggiungendo un picco il 7 luglio, quando almeno 80 missili sono stati lanciati verso le città israeliane. Oltre 1497 missili sono stati lanciati verso Israele dall’inizio dell’operazione “Margine Protettivo”, (l’8 luglio). Ad oggi oltre 3 milioni e mezzo di israeliani vivono alla portata di questi razzi e missili. Nessun governo può rimanere immobile mentre i suoi cittadini sono sotto attacco. Israele, come qualunque altro Stato, ha il diritto e il dovere di difendere i propri cittadini.
Israele cerca e si aspetta l’aiuto del Vaticano per arrivare ad una nuova tregua e ritornare al tavolo dei negoziati? Ed in questo caso, cosa pensa possa fare il Santo Padre e/o la diplomazia vaticana?
La Santa Sede esercita una influenza importante presso gli oltre 1,2 miliardi di cattolici nel mondo, e i suoi richiami alla pace possono avere un impatto positivo. Israele accoglie con piacere qualunque aiuto da parte della comunità internazionale per bloccare i continui lanci di missili sui civili israeliani da parte di Hamas e di altre organizzazioni terroristiche nella striscia di Gaza.
La “Diplomazia Interreligiosa” può giocare un ruolo e preparare il terreno per l’azione politica?
I leader spirituali e religiosi e la diplomazia interreligiosa possono a volte spianare la strada per un dialogo tra le nazioni. Il dialogo interreligioso può allentare le tensioni tra due parti in conflitto, creare più fiducia e costruire ponti per la pace.
Hamas ha infranto la tregua che Israele aveva accolto. Cosa possono fare le diplomazie Vaticane ed internazionali per persuadere Hamas ad allinearsi alla diplomazia di Abu Mazen?
Il 15 luglio, Israele ha accettato la proposta egiziana di un cessate il fuoco nell’intento di ottenere una calma durevole tramite i canali diplomatici. Dal canto suo, Hamas ha continuato il lancio di missili, rifiutandosi di accettare il cessate il fuoco. Hamas è un’organizzazione terroristica che non riconosce il diritto ad esistere di Israele. Tiene la sua popolazione ostaggio di una politica di odio e di guerra. Utilizza tutte le sue risorse al solo scopo di armarsi e usa i civili per proteggere le proprie armi, arrivando addirittura a sollecitarli a fare da scudo umano. La comunità internazionale può fare pressione su Hamas affinchè modifichi il suo comportamento. Io credo che la forza per il cambiamento possa provenire anche dalla società civile palestinese. Devono farsi sentire e scegliere la vita al posto del martirio. I palestinesi devono cambiare il modo in cui vedono Hamas e rifiutare i suoi valori fondamentali ed i suoi obiettivi.
LISA PALMIERI-BILLIG
21/07/2014