Donne e religioni. Intervista a Flaminia Giovanelli sotto segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace
Agosto 1st, 2014 by Francesca BaldiniRomana, classe 1948, la dott.ssa Flaminia Giovanelli ricopre la carica di sotto-segretario presso il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace dal 2010. Prima donna laica, promossa dal papa emerito Ratzinger, a ricoprire questo ruolo. Una presenza la sua, all’interno dello stesso pontificio consiglio, che risale addirittura al 1974, dove entra come officiale. Una posizione, all’interno delle gerarchie ecclesiastiche, che trova, come ci spiega, dopo tanti anni una naturale evoluzione.
«Beh erano tre anni che eravamo senza sottosegretario e come avviene in molte amministrazioni pubbliche sono poi i decani che suppliscono a certe funzioni, così è avvenuto tutto diciamo in modo naturale. Ovvio non si può mai dare nulla per scontato, soprattutto nel mondo Chiesa, ma la mia presenza di lunga data ha fatto sì che la scelta su di me, come ho già detto, sia avvenuta in maniera naturale»
Nominata da Raztinger, ora con papa Francesco, sembra crescere il numero di donne all’interno della Chiesa, quindi possiamo dire che sta cambiando effettivamente qualcosa?
«Beh le recenti nomine, in particolare di donne che ricoprono ruoli all’interno di specifiche Commissioni, mi porta a pensare che il ruolo di donne, anche laiche, sta crescendo. Stiamo andando in una direzione che rispecchia sempre di più i tempi di oggi. Da quando ho iniziato a lavorare qui le cose sono molto cambiate, basti pensare che all’inizio le delegazioni della Santa Sede erano solo monsignori ed anche per le riunioni che si facevano in giro per il mondo, prima erano presenti solo ecclesiastici, ora anche laici. Diciamo che è tutto un po’ nell’evoluzione dei tempi».
Dunque è una assurdità parlare di quote rosa all’interno della Chiesa?
«Ovviamente bisogna dire che un tempo si studiava anche meno la teologia in ambito femminile, oggi non è più così e chiaramente può aiutare la comprensione della Chiesa anche per chi lavora in dicasteri come questo che trattano argomenti più legati all’economia e al sociale. Pure io ad un certo punto ho dovuto studiare la teologia, proprio per rendermi conto meglio di alcune situazioni, proprio perché se leggi gli eventi in una prospettiva di Chiesa, le vedi in un altro modo».
La gente comune pensa che lavorare in questi ambienti per una donna sia difficile, perché è un ambiente maschilista.
«E’ un ambiente maschilista fino ad un certo punto. Penso che nella sostanza interessi particolarmente alle donne l’affermazione. Per la donna quello che gli interessa è che la sua idea passi, ovvero che se tu hai una idea, quella vada fino in fondo. Ecco devo dire che nei confronti dei sacerdoti di oggi, che indubbiamente sono molto più attenti all’antropologia ed hanno una concezione diversa della donna, questo atteggiamento stia cambiando. Per esempio i miei capi mi hanno sempre chiesto il mio parere e ne hanno tenuto sempre conto, magari non si appare ma se l’obiettivo era quello di affermare una opinione ho visto che realmente quella, se valida, faceva poi il suo corso».
Lei ha affermato che il suo non è un semplice lavoro, ma lo definisce una missione.
«Beh perché con tutte le persone che passano da qui, arrivano da ogni parte del mondo, avverti quasi quotidianamente come il tuo lavoro si metta in pratica. Le faccio solo un esempio. Inizialmente lavoravo al Centro Documentazione che abbiamo interno e tratta in modo ricchissimo alcuni temi. In modo artigianale, prima dell’avvento di internet, ritagliavamo articoli di giornale da riviste di tutto il mondo che arrivano, con ovviamente un occhio particolare ai temi che trattiamo. Il muro di Berlino è caduto nel 1989 ed io nel 1985 avevo aperto tutte cartelline sui paesi dell’Est. Per anni sono arrivate pochissime riviste, alcune ciclostilate, per cui questo lavoro portava a selezionare tutti quegli aspetti che hanno poi portato ad una evoluzione di questi paesi. Dunque poi già da prima capisci cosa sia successo».
Nel concreto qual è il suo lavoro?
«Ah beh adesso il sottosegretario fa un po’tutto. Poi è da tanti anni che lavoro qui e conosco tutti, inoltre c’è la stravaganza di essere una donna, per cui sono esposta a più situazioni. Poi oltre alla quotidianità dell’ufficio sono chiamata a parlare in diverse parti del mondo su tematiche di carattere economico e sociale, ovviamente seguendo la dottrina sociale della Chiesa, quindi il mio ruolo è molteplice».
La sua figura da forza a tutte quelle donne, non consacrate, che vogliono trovare una loro posizione all’interno della Chiesa.
«Io capovolgerei il problema e quindi direi che, come ricordava papa Giovanni Paolo II, di non privarci di quello che lui chiamava il ‘genio femminile’ , ma che lo si metta a frutto. Faccio un esempio per tutti: le aziende che, durante questa crisi, avevano la presenza di donne nel consiglio di amministrazione, sono quelle che hanno reagito meglio. Il perché è presto detto, di fronte a tutti questi movimenti speculativi il ruolo della donna porta ad essere più prudenti, perché l’economia in sé è donna, nasce come amministrazione della casa. Quindi secondo me non bisogna privarsi dell’apporto femminile, ma incoraggiarlo per trovare anche giusti equilibri a questi grandi problemi».
Di fronte all’apertura della Chiesa Anglicana delle donne vescovo, che ne pensa?
«Francamente mi lascia molto perplessa, ma bisogna dire che io ho una certa età (ride). A parte questo io credo che bisogna valorizzare ciò che la donna già da, anche inventando altri ministeri. Perché è vero che la donna non può dare l’assoluzione, ma la donna accompagna spiritualmente, cosa altrettanto importante, se non di più. Questo è un ruolo molto importante e tutti sanno che le donne ricoprono meglio ed effettivamente ci sono molte suore o religiose, che questa funzione la esercitano quotidianamente. Non è un sacramento, ma un ministero, ma aiutano le persone concretamente a rimettersi in carreggiata. Inoltre e non per relegare sempre la donna ad un ambito familiare, ma non dobbiamo dimenticare che il prossimo sinodo sulla Famiglia sarà cruciale, perché dalla famiglia parte tutto. Sono convinta che spazi da occupare ce ne sono ancora tanti».
Lei ha parlato di globalizzazione, quanto le donne stanno cambiando il loro ruolo rispetto a ciò e soprattutto il concetto di giustizia e pace?
«Faccio solo un esempio, la femminizzazione dell’immigrazione. Fino a qualche anno fa la percentuale di chi immigrava era più uomini, rispetto alle donne, adesso è il contrario. Gli assetti sociali nel mondo stanno cambiando e le donne hanno sempre di più un ruolo cruciale, anche per gli aspetti della pace, potrebbero occupare dei grandi ruoli. Soprattutto in un settore economico».
di Francesca Baldini